Unknown Unknowns: la Triennale si apre al Design per lo Spazio
Il tema della 23esima esposizione internazionale di Triennale Milano allarga lo sguardo su quello che ancora non sappiamo di non sapere ed esplora territori di frontiera, come il Design per lo Spazio e la vita su altri pianeti, oggetto di ricerca d’avanguardia del laboratorio di ricerca e progettazione Space4InspirAction del Dipartimento di Design, creato e diretto da Annalisa Dominoni e Benedetto Quaquaro.
Dal 15 luglio all’11 dicembre 2022 sarà possibile visitare la mostra tematica Unknown Uknowns. An Introduction to Mysteries che presenta oltre cento opere, installazioni e progetti di artisti, architetti, designer, fisici e ricercatori che si confrontano con l’ignoto, un’occasione di stupore di fronte alla vastità che ci sfugge. Una sezione della mostra è dedicata ai progetti spaziali di Space4InspirAction, elaborati dal 2017 ad oggi e disegnati per un ambiente nuovo governato da leggi diverse da quelle che abbiamo sulla Terra.
Tra i progetti esposti compaiono anche oggetti spaziali, disegnati per vivere in modo confortevole e sostenibile in ambienti extra-terrestri, confinati e a gravità ridotta, realizzati da un gruppo di giovani designer formati all’interno del corso omonimo Space4InspirAction, il primo e unico corso di Space Design al mondo riconosciuto e supportato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), all’interno della Laurea Magistrale in Integrated Product Design della Scuola del Design del Politecnico di Milano.
Progettare per lo Spazio significa “ricominciare da capo”, vivere in un “altro corpo” e in un ambiente sconosciuto, che non fa parte della nostra esperienza di tutti i giorni, dove il confinamento e la gravità ridotta incidono in modo determinante sul modo di percepire e reagire ai nuovi stimoli esterni.
Nello Spazio sperimentiamo disorientamento e trasfigurazione spaziale: la geometria della gravità che cambia disegna uno spostamento cognitivo, posturale e spaziale, mentre il corpo subisce forti alterazioni fisiche, fisiologiche, e sensoriali, la gravità può essere quindi considerata il più grande designer – per citare le parole della curatrice Ersilia Vaudo Scarpetta, astrofisica e Chief Diversity Officer dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) – che influisce in modo determinante sulla nostra vita e sui comportamenti che assumiamo muovendoci nello Spazio.
Per queste ragioni “progettare per lo Spazio” richiede una grande capacità di previsione d’uso per immaginare come si comporterà un oggetto nello spazio, come verrà usato, e in che modo si relazionerà con l’ambiente circostante. Questo significa che il design incide in modo determinante nella creazione di nuove gestualità e comportamenti, sia degli esseri umani che degli oggetti animati, in un ambiente sconosciuto, lo Spazio cosmico, che vengono alterati dall’assenza di gravità.
«Quando progettiamo per gli astronauti – spiegano Annalisa Dominoni e Benedetto Quaquaro – cerchiamo di immergerci nell’ambiente della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e immaginare come il nostro corpo potrebbe muoversi in uno spazio confinato e in microgravità, come le nostre posture e i nostri gesti potrebbero cambiare in relazione agli oggetti e soprattutto, come potrebbero essere disegnati i nuovi tools per funzionare bene anche nello Spazio e, perché no, trarre vantaggio dalla mancanza di gravità, da sempre considerata un limite da contrastare.»
Nel corso Space4InspirAction, i professori Dominoni e Quaquaro insegnano agli studenti a sviluppare una grande capacità di visione, ma anche e soprattutto di “pre-visione”: perché come vivono gli astronauti, noi sulla Terra possiamo solo immaginarlo.
Progettare in un campo finora sconosciuto come lo Spazio li ha portati a definire una nuova metodologia chiamata Use and Gesture Design (UGD) che si basa sulla progettazione simultanea di ambienti, oggetti e gesti trasformando la microgravità da un limite a un vantaggio.
Tra gli esempi di una progettazione spaziale, in cui il design ha un ruolo centrale e strategico, c’è Emo Space, un avveniristico oggetto che cuoce il cibo shakerando gli ingredienti contenuti all’interno, grazie al movimento agevolato dall’assenza di peso.
Exerity, un attrezzo per fare fitness in microgravità che sfrutta l’estrema libertà delle posture assunte dal corpo con impugnature adattabili sia per mani che per piedi. Pare si ispira al gesto dello sbucciare la frutta che ci riporta sulla terra mentre gustiamo un frutto spaziale realizzato con un packaging edibile per eliminare gli scarti.
Rethinking Eating si compone di diversi elementi: solidi di pasta strutturale stampata in 3d che contengono all’interno salse proteiche ricche di sostanze nutritive, e strumenti che prendono forma dialogando con le sostanze solide e i liquidi in microgravità, per offrire ai turisti spaziali una straordinaria esperienza degustativa di cibo e vino all’interno di un hotel spaziale dedicato al benessere.
Infine Send Sens permette di ricreare la sensazione aptica attraverso un dispositivo indossato a terra e nello Spazio da due persone che si possono scambiare carezze e abbracci, anche se molto distanti.
CREDITS
Fotografie: LAB Immagine
Modelli e prototipi: Dipartimento di Design
Docenti: Annalisa Dominoni e Benedetto Quaquaro
Mostra a cura di: Triennale di Milano